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Luigi Capuana e Corrado Guzzanti - La fotografia a Mineo tra '800 e '900

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Domenica 5 e 12 febbraio, all'ex Monastero di Santa Maria degli Angeli di Mineo (Ct), presentazione della mostra organizzata dall'Associazione Corale Urbs Maenarum

Domenica 5 e 12 febbraio, all'ex Monastero di Santa Maria degli Angeli di Mineo (Ct), sarà presentata la mostra, Luigi Capuana e Corrado Guzzanti - La fotografia a Mineo tra '800 e '900, inaugurata lo scorso 29 gennaio, e organizzata dall'Associazione Corale  Urbs Maenarum, con il patrocinio della Provincia regionale di Catania.  

E' uno spazio affascinante ed evocativo che fu luogo vissuto e ritratto anche dai due illustri menenini e donato alla Corale “Urbs Maenarum” diretta dal M° Agrippino Bonacia, sin dal 1995. Per dare il giusto risalto ai numerosi scatti esposti, è stato progettato un allestimento ad hoc, curato da Mario Luca Testa che, con sapiente maestria, ha saputo far dialogare quelle che lui stesso ha definito come: “rettangoli di memoria, sempre vivi, anche se mal ridotti”, ben consapevole dell’enorme responsabilità che comporta la gestione e l’esposizione di simili manufatti. Ad essere “mostrati” qui sono i frutti di quel legame che fu fra i più produttivi dell’800, secolo di grandi rivoluzioni e di profondi cambiamenti che trovarono, poi, il fisiologico sviluppo, nel secolo successivo. Primo fra tutti quello della fotografia che rivoluzionò per sempre il modo di vedere il mondo e che si impose come nuovo mezzo per ritrarlo.

Legati da un sincero affetto e da una viva curiosità i due autorevoli personaggi, ebbero sin dall’inizio rapporti intensi e collaborativi: il Guzzanti sismologo e metereologo, sovvenzionò all’amico Capuana, all’insaputa dei genitori, un viaggio a Firenze; proprio perché da uomo profondamente intuitivo e sensibile, colse il desiderio ed il bisogno dello scrittore, di alimentarsi a nuove fonti e di riempire gli occhi con nuove “realtà” che poi avrebbe irrimediabilmente intrappolato nei suoi scatti. Nelle varie raccolte epistolari che li vede ancora protagonisti, si riflette l’evidente padronanza che contraddistinse il Capuana nell’uso del mezzo fotografico e in queste si scorgono, suggerimenti tecnici che indirizzavano l’amico Guzzanti verso una fase di post-produzione più attenta e fruttuosa.

Ed ancora vi si reperiscono, gli esperimenti che condussero insieme alla ricerca di nuovi e particolari strumenti che soddisfacessero le ricerche scientifiche sperimentali del sismologo e che alimentassero, ancor di più, il desiderio di perfezione ed estrema naturalezza - che si manifestava come istanza irrinunciabile -, negli scatti dello scrittore. Lo stesso sperimentò, grazie ad una semplice scatola di cartone e una lente di binocolo, una macchina fotografica primitiva. Una mostra che si configura, dunque, come un viaggio a ritroso nel tempo attraverso alcuni scatti associabili a veri e propri frame temporali, “tracce” vissute con gli occhi attenti e curiosi di questi due uomini che hanno colto nel loro tempo: sfumature, vedute, volti, atteggiamenti, odori e sensazioni di un luogo che oggi, come il resto del mondo, è mutato profondamente.

Le loro fotografie, di volta in volta, presentano visioni di luoghi uniche nei tagli e nelle inquadrature: si spazia dal campanile di Santa Maria, al piano di San Pietro e la discesa dell’Orfanotrofio; dalla veduta osservata dalla casa paterna del Capuana alla Chiesa di Santa Agrippina. E poi, ancora: dalla Villa di Santa Margherita con il suo viale impreziosito di rose, sino alla veduta di Mineo dal Monastero di Santa Maria degli Angeli; luoghi che fanno da sfondo ad altrettante varietà di personaggi, di caratteri paesani, di figure tipiche e quasi caricaturali che si risolveranno poi in soggetti narrativi ed in figure chiave del teatro dialettale. Fiore all’occhiello dell’esposizione sono, infine, alcuni scatti realizzatati dal Capuna che svelano definitivamente la vivace curiosità che avvicina lo scrittore-fotografo, alle nuove tecniche sperimentate già a partire dalla seconda metà dell’800, come ad esempio, la tecnica della stereoscopia che permetteva, attraverso un visore binoculare, di vederne la scena ritratta tridimensionalmente. Non ultimo il suo innato senso di esperire i sentimenti umani attraverso il dolore straziante di due genitori che non vogliono rinunciare ad un’immagine che ne immortali nel tempo la loro defunta figlia, sino ad arrivare ad indagare in prima persona tale dolore, spingendosi oltre, all’estrema volontà di farlo provare, di anticiparlo, di comprenderlo. Insomma, un concentrato di emozioni che fanno di questa mostra un evento di prim’ordine nel contenitore di offerte culturali proposte e patrocinate dalla Provincia Regionale di Catania. (Marilisa Yolanda Spironello)

(30 gennaio 2012)

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